Fermentazione eterolattica: prodotti secondari, effetti e rischi nel vino
La fermentazione eterolattica è un processo meno noto e molto discusso in enologia, perché porta alla formazione di prodotti secondari che possono alterare profondamente le caratteristiche del vino. Acido acetico, etanolo, vinilfenoli e ammine biogene sono tra i composti più rilevanti generati da batteri lattici come Lactobacillus e Oenococcus.
Se da un lato questi metaboliti fanno parte della normale attività microbica, dall’altro rappresentano un rischio per la qualità, la stabilità e la sicurezza del vino.
In questo articolo analizzeremo i meccanismi biochimici della fermentazione eterolattica, i principali prodotti secondari e i loro effetti sensoriali e tecnologici, con un approccio scientifico ma applicato alla pratica enologica.
Cos’è la fermentazione eterolattica e perché è diversa dalla malolattica
Se sulla fermentazione malolattica vi possono essere idee discordanti tra chi ritiene corretto svolgerla sempre e comunque e chi, come il sottoscritto non ne prova troppa simpatia, credo di poter affermare che sia raro trovare un enologo, ma pure un eno-appassionato, che possa considerare migliorativa per il vino bianco, rosato, rosso, fermo o spumante, una fermentazione eterolattica.
Sarebbe bello se ci fossero dei batteri buoni che fanno la malolattica in modo stechiometrico, senza produrre acido acetico, o diacetile, e batteri malvagi che invece attaccano il glucosio producendo incremento di acidità volatile a livelli tali da rendere il vino pronto per la distillazione.
Invece i generi che sono responsabili della trasformazione dell’acido L-(-)-malico in acido L-(+)-lattico sono Oenococcus e Lactobacillus, gli stessi che hanno una azione eterofermentativa sul glucosio, o meglio sul piruvato, che dal glucosio deriva. Inizio la mia disamina affermando un concetto che è alla base della microbiologia o meglio, della biochimica, campo nel quale ho la pretesa di muovermi con una certa sicurezza.
Glicolisi e fermentazione eterolattica: il ruolo energetico
Produzione di ATP e coenzimi durante la glicolisi
Con pochissime eccezioni, che qui trascureremo, la trasformazione del D-(+)-glucosio, o destrosio in piruvato è lo step comune a tutti i metabolismi in quanto garantisce la produzione di energia, stoccata nell’ATP. Nella figura sottostante riassumo i principali passaggi con l’intervento dei coenzimi fondamentali.
Le tappe principali della glicolisi, via energetica essenziale che porta dal glucosio al piruvato
La glicolisi ossida il D-(+)-glucosio a piruvato, con la produzione di 4 ATP lordi. A questi 4 ATP (per avere la resa energetica netta della glicolisi) vanno sottratti i 2 ATP che sono necessari ad attivare il glucosio a glucosio-6-fosfato (in alto nella figura) ed il fruttosio-6-fosfato a fruttosio-1,6-difosfato. Per ossidare la 3-fosfo-gliceraldeide a 1,3-difosfo-glicerato è inoltre necessario ridurre un NAD+ a NADH,H+.
Il NADH,H+ e la necessità di riossidazione a NAD+
Perché la glicolisi possa continuare a produrre energia il NADH,H+ deve essere riossidato a NAD+ andando a ridurre il piruvato, o altre molecole che derivano dal piruvato:
Le vie metaboliche del piruvato nella fermentazione eterolattica
Le tre principali vie metaboliche del piruvato nella fermentazione eterolattica: lattato, etanolo e acido acetico
Prima via: riduzione del piruvato a lattato
Il piruvato in cui il carbonio ha numero di ossidazione + 0,67 viene ridotto a lattato in cui il carbonio ha numero di ossidazione pari a zero, ovvero identico a quello del carbonio presente nel glucosio. Lo stato redox è quindi stato ripristinato perfettamente con la produzione complessiva di 2 ATP (dalla glicolisi). A seconda che prevalga l’enzima L-LDH o D-LDH si avrà formazione dell’acido L-(+)-lattico o D-(-)-lattico. Solitamente, ma non necessariamente, la forma più presente è la prima dato che l’enzima più comune è L-LDH.
Seconda via: formazione di acetaldeide e sua riduzione ad etanolo
Chi avrà osservato una fermentazione eterolattica avrà certamente notato una effervescenza: questa è dovuta alla decarbossilazione del piruvato che conduce all’acetaldeide. La decarbossilazione elimina dal mezzo via CO2 un atomo di carbonio il cui numero di ossidazione è +4. Sull’acetaldeide vanno a scaricarsi i due idrogeni del NADH,H+ derivato dalla glicolisi, producendo l’etanolo: nell’etanolo il numero di ossidazione del carbonio è -2. La media dei prodotti dà un numero di ossidazione pari a zero in quanto è la media di un carbonio con numero di ossidazione +4 e di 2 carbonii con numero di ossidazione -2.
Anche in questo caso la somma dei prodotti dalla fermentazione ha numero di ossidazione pari a quello del reagente iniziale, il glucosio, che come ricordiamo ha numero di ossidazione del carbonio pari a 0.
Terza via: formazione di acetil-CoA e acido acetico
Il piruvato viene decarbossilato dall’enzima PDHC (Pyruvate De Hydrogenase Complex) e sul radicale acetilico si lega il Coenzima A creando un tioestere, l’acetil Coenzima A in cui il numero di ossidazione del carbonio è 0. Il Coenzima A viene poi sostituito da un gruppo fosfato (dall’enzima Pta: Phosphotransacetylase) dando origine all’acetil-fosfato, in cui il numero di ossidazione del carbonio è sempre 0. Infine l’acetil-fosfato produce l’acido acetico tramite la de-fosforilazione operata dall’ADP che si trasforma in ATP (enzima AckA: Acetate kinase).
L’acido acetico come il glucosio ha numero di ossidazione del carbonio pari a zero, il che mantiene il bilancio redox. In questo caso abbiamo la resa di un ATP in più rispetto alla sola glicolisi. Dato che non vi è il recupero del NAD+ si può affermare che questa via non può essere percorsa da sola e perciò è affiancata alla produzione di etanolo (discussa al paragrafo precedente) con ossidazione del NADH,H+ a NAD+ via riduzione dell’acetaldeide.
Nella fermentazione eterolattica la produzione di acido acetico è molto alta
Data l’efficienza energetica della fermentazione eterolattica del glucosio i batteri Lactobacillus e Oenococcus possono essere formidabili produttori di acido acetico fino a livelli in cui questo acido raggiunga tenori ben superiori ai limiti di legge. Una fermentazione eterolattica stravolge completamente il profilo organolettico del vino, e sovente determina il blocco dei lieviti, data la tossicità dell’acido acetico a tenori di 3 g/L.
Produzione di vinilfenoli ed etilfenoli da acido p-cumarico nei batteri lattici
I batteri lattici durante la fermentazione eterolattica possono attivare l’enzima PDC (P-coumaric De Carboxylase) producendo vinilfenoli. I vinilfenoli possono essere ridotti dall’enzima VprA (Vinyl phenol reductase) riossidando un NADH,H+, azione biologicamente molto utile in quanto permette una maggiore celerità della glicolisi. Particolarmente produttivo in 4-etilfenoli è Lactobacillus plantarum.
Ovviamente i pH alti, favorevoli a tutti gli enzimi, sono il fattore che aumenterà maggiormente la produzione del 4-etilfenolo.
La produzione di ammine biogene da α-amminoacidi
Formazione di ammine biogene da α-amminoacidi: istamina, cadaverina e tiramina
Per azione dell’enzima decarbossilasi alcuni α-amminoacidi possono essere convertiti in ammine biogene, in cui il gruppo carbossile sul carbonio 2 dell’amminoacido è sostituito da un atomo di idrogeno.
Lactobacillus (con le specie plantarum e brevis) è il genere che produce maggiori tenori di ammine biogene; da notare che l’ottimo di pH per questo processo è 5, lontano da quello del vino. Vini con pH superiore a 3,60 sono comunque a rischio specialmente per quanto riguarda formazione di istamina.
Anche Oenococcus oeni tuttavia, può produrre ammine biogene, specialmente dopo che il pH è cresciuto in conseguenza della malolattica: ci sono tuttavia ceppi di Oenococcus oeni non produttori di ammine biogene. I batteri formano le ammine per contrastare l’acidificazione intracellulare, in quanto con la decarbossilazione degli amminoacidi viene eliminato un gruppo acido: le ammine, di conseguenza hanno una reazione basica.
Da differenti amminoacidi si formano le rispettive ammine: l’istidina origina l’istamina, la tirosina origina la tiramina, la lisina origina la cadaverina, l’ornitina origina la putrescina, il triptofano origina la triptamina.
L’istamina è l’ammina biogena di maggiore pericolosita’ per la salute umana
La formazione dell’istamina è funzione dell’attività dell’enzima istidina-decarbossilasi, la cui attività aumenta quando il glucosio e il fruttosio scendono sotto i 50 g/L, perciò nella fase terminale della fermentazione alcolica. Istamina e tiramina sono presenti in maggiori quantità nei vini e sono particolarmente tossiche per i soggetti sensibili: possono dare mal di testa, palpitazioni, asma, rossori, vomito, diarrea.
Il tenore in ammine biogene non è soggetto a limiti, ma vi sono delle indicazioni
Il tenore in ammine biogene negli alimenti varia da zero a 1000 mg/L. Sull’uva i tenori variano da 15 a 44 mg/kg, sui mosti da 6 a 54 mg/L, nei vini da 3 a 169 mg/L. Nei vini in cui non sia svolta la fermentazione malolattica il valore in ammine biogene è trascurabile.
I vini in cui il tenore in ammine biogene è maggiore sono i vini in cui la malolattica spontanea è svolta in concomitanza con la fermentazione alcolica: è il caso di vini con pH alto già dalla pigiatura, in cui la fermentazione alcolica viene condotta a temperatura elevata, ovvero oltre i 23°C: i batteri lattici sono infatti termofili, in particolar modo Lactobacillus brevis, il cui ottimo termico è a 28°C.
Per l’istamina i limiti raccomandati sono 2 mg/L in Germania, 3,5 mg/L nei Paesi Bassi, 5 mg/L in Finlandia, 6 mg/L in Belgio, 8 mg/L in Francia, 10 mg/L in Svizzera e in Australia; non esiste tuttavia un limite legale universalmente riconosciuto.
Per la tiramina non esistono nemmeno limiti indicativi. Ad ogni modo la sensibilità verso queste due ammine varia da individuo a individuo e può essere di pochi mg/kg di peso corporeo per i soggetti sensibili fino a diverse centinaia di mg/kg di peso corporeo per i soggetti non sensibili.
Conclusioni
La fermentazione eterolattica rappresenta un processo complesso, capace di generare una varietà di prodotti secondari che incidono in maniera significativa sulla qualità del vino. Acido acetico, etanolo, vinilfenoli e ammine biogene sono composti che, se presenti in quantità eccessiva, possono compromettere l’equilibrio organolettico, la stabilità microbiologica e persino la sicurezza alimentare.
Per questo motivo, conoscere a fondo i meccanismi biochimici e i fattori che favoriscono lo sviluppo dei batteri lattici è fondamentale per ogni enologo. Solo attraverso un controllo accurato di pH, temperatura, nutrienti e ceppi microbici è possibile prevenire fermentazioni indesiderate e garantire vini di qualità.
La comprensione della fermentazione eterolattica non è quindi solo un esercizio accademico, ma uno strumento pratico che permette di trasformare la conoscenza scientifica in decisioni enologiche consapevoli.
FONTI:
1.Biogenic Amine Production by Lactic Acid Bacteria: A Review
Federica Barbieri 1, Chiara Montanari 1, Fausto Gardini 1,2 and Giulia Tabanelli 1,2
2.Exploring factors influencing the levels of biogenic amines in wine and microbiological strategies for controlling their occurrence in winemaking
Luís Moreira a, Juliana Milheiro a, Luís Filipe-Ribeiro a, Fernanda Cosme b, Fernando M. Nunes c,*
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38945562/ (solo estratto)