Fermentazione malolattica nel vino: guida completa tra rischi, benefici e falsi miti

Per Louis Pasteur, la trasformazione dell'acido L(-) malico in acido L(+) lattico non era altro che una malattia del vino, poiché indotta da batteri. Un'affermazione forte, figlia del suo tempo e del suo sguardo da medico, che diffidava giustamente dei microrganismi quando si trattava di alimenti.

Eppure, a oltre un secolo e mezzo di distanza, l’enologia moderna sembra aver dimenticato (o stravolto) questa lezione. Oggi la fermentazione malolattica viene spesso considerata una tappa auspicabile e talvolta automatica, tanto da essere incoraggiata già in contemporanea alla fermentazione alcolica.

Ma siamo sicuri che sia sempre una buona idea?

Cos’è davvero la fermentazione malolattica?

La cosiddetta "fermentazione" malolattica è, tecnicamente, una via biochimica attraverso cui specifici batteri lattici trasformano l’acido L(-) malico – più duro e aspro – in acido L(+) lattico, più morbido e rotondo.

Non si tratta di una vera fermentazione, ma di un processo di deacidificazione. Per questo motivo viene spesso impiegata per rendere il vino più stabile microbiologicamente e più morbido al palato.

Gli effetti sul pH e le conseguenze sul vino

È nei vini rossi che la malolattica mostra i suoi effetti più incisivi. Spesso il pH del vino rosso è già elevato al termine della fermentazione alcolica (attorno a 3,60). Se si avvia una fermentazione malolattica su un vino con questi valori, il rischio è quello di innalzare ulteriormente il pH, arrivando anche a 3,80 o oltre.

E cosa comporta un pH così alto?

  • Formazione quasi certa di acido acetico e acetaldeide, responsabili di difetti ossidativi e sensazioni pungenti.

  • Perdita di colore, dovuta alla minore stabilità delle antocianine in ambiente meno acido.

Maggiore vulnerabilità microbiologica, soprattutto nei vini non filtrati o poco solfitati.

Quando ha senso svolgere la malolattica?

La malolattica può rappresentare un vantaggio, ma solo in condizioni ben precise:

  • pH inferiore a 3,30 al termine della fermentazione alcolica.

  • Gradazione alcolica superiore a 12,5%.

  • Se il grado alcolico supera il 14%, è accettabile una malolattica anche a pH 3,40, ma solo con un controllo rigoroso.

In questi casi, la fermentazione malolattica può effettivamente ammorbidire il profilo organolettico e aumentare la stabilità del vino, senza esporlo a criticità.

Malolattica: tempistiche e approccio consigliato

Svolgere la malolattica immediatamente dopo la fermentazione alcolica può essere controproducente. Meglio posticipare il processo a febbraio, quando le temperature ambientali sono più basse.

Questo rallenta l'attività batterica, rendendo il processo più graduale e meno invasivo. Il risultato sarà una malolattica “gentile”, con un impatto più contenuto sul pH e sull’equilibrio generale del vino.

Né dogma né nemesi, malolattica come strumento tecnico

La fermentazione malolattica non è né una nemesi da evitare sempre, né un dogma da inseguire a ogni costo. È un mezzo tecnico, da valutare attentamente caso per caso, basandosi su parametri analitici oggettivi come pH, alcol, temperatura e stile di vino desiderato.

Solo in questo modo si può fare enologia consapevole, rispettosa della materia prima e dell’equilibrio naturale del vino.

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Perché l’enologia moderna ha bisogno di scelte consapevoli, non di automatismi.

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